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ESSERE O NON ESSERE

di Simona Sentieri
Una popolazione indigena della Patagonia, 13000 anni fa, lasciò impresse nelle pareti di una caverna i contorni delle proprie mani, impronte colorate in negativo. Brahmagupta intorno al 600 d.c. propose l’aritmetica sistematica coi numeri negativi e lo zero. Ewal Hering nel 1872 sosteneva una teoria secondo la quale il sistema visivo interpreta i colori in maniera antagonistica, rosso contro verde, blu contro giallo, ne-ro contro bianco.

Nel 1826 Niépce fu l’inventore della fotografiaintroducendo il primo esempio di negativo, da qui la storia della fotografia ebbe inizio con vere e proprie geniali intuizioni e tecniche. Il negativo portatore delle immagini in positivo. Il giorno e la notte, il caldo e il freddo, la vita e la morte, tutto nel ciclo della vita è sempre negativo e positivo. In filosofia il nesso tra positivo e negativo ha origini molto antiche. Platone già sosteneva “nell’essere e non essere” che la negazione non significa esclusione, bensì relazione nella
differenza, e arriviamo alle analisi moderne di Kant, Hegel, Heidegger, Popper e molti altri. Un tratto in comune tra Heidegger e Hegel è che la negazione sia una forma in relazione tesa alla trasfigurazione. Nella teoria del transfert negativo e positivo, introdotto da Freud come tecnica nella psicanalisi, si sostiene che il transfert negativo diventi un veicolo positivo per arrivare alla guarigione del paziente trattato. Nella letteratura molti personaggi negativi e positivi furono icone, come Dottor Jekyll e Mr Hide, il dramma di Otello e Desdemona, in cui é sempre presente il concetto di bianco e di nero.


Veritá e falsificazione sono il positivo e il negativo nella finzione del teatro e del cinema ma, realmente, quale sarà il negativo o il positivo? Nell’arte, questo concetto ha valenza sia in senso materiale che ideale: “materialmente” una immagine per essere riprodotta deve attraversare la fase negativa e quando l’immagine diventerà positiva, sarà fissato l’attimo che è la realizzazione di ambedue questi opposti che si sono fusi. Si susseguono immagini dentro pellicole che prima di essere positive sono state negative, poi positive sullo schermo e qui diventano verità o finzione e diventano “idealmente” linguaggio. Alla fine non possiamo esimerci dall’essere composti da questi due poli, nulla è solo positivo e nulla è solo negativo, ma ambedue convivono inesorabilmente. L’arte del cinema e della fotografia interpretano, tramite la tecnica, una realtà che può diventare negativa o positiva a secondo di come arriva all’osservatore. In arte lo spazio è definito da forme e strutture. Si dice positivo quando esistono forme e negativo quando lo spazio è vuoto intorno alle figure. Poi esiste l’ombra che è il negativo di qualunque corpo esposto alla luce. Siamo praticamente e continuamente in uno stato perenne di negativo e posi-tivo. Che a volte neutralizziamo e a volte no. Il bene e il male sono costantemente in lotta tra di loro, ma anche in connessione indispensabile di equilibrio.


L’arte però può fissare l’attimo, anzi, lo fissa sempre, in qualunque disciplina, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alla scrittura. Ciò che è scritto o segnato resta perché è tracciato ed ecco ancora “la traccia, l’orma”…e ritorniamo alle mani dipinte nella Cueva De Las Manos scoperte a Santa Cruz in Argentina, Perché le orme di mani alzate, in quella caverna ? Che volevano dire quegli umani? Presenza? Testimonianza? Messaggio? Richiesta di aiuto? Censimento? Rito ? Negativizzare il corpo per lasciarne traccia dei suoi contorni. Un’anticipazione della fotografia e della pittura sia figurativa che astratta, testimonianza e cronaca, o forse solo decorazione e bellezza? “Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace”, per me questa frase non vale, perché il bello è universale e l’arte interpreta, interpreta sempre e saremo noi, a secondo del nostro sentire e piacere, che daremo giudizi negativi o positivi, anche in contrasto con l’intenzione espressiva dell’artista. Mentre la bellezza non ha bisogno di interpretazioni perché è palese agli occhi di tutti. L’artista quando propone un’opera ha giá vissuto il suo status nel bello o nel brutto, negativo o positivo, non insegue categoricamente la bellezza, ma spesso insegue il pensiero. Sarà l’osservatore finale che lo battezzerà come negativo o positivo a secondo della propria preparazione, indole, percezione.


L’artista non ha nessun compito, né negativo né positivo. L’artista segue una spinta intima incontrollabile in quel preciso momento, sia storico che personale, e ciò che crea è quello e solo quello, ha un’opinione personale o un’intuizione. L’arte non serve concretamente, ma concretizza le emozioni dell’essere o del non essere. “To be or not to be, that is the question”. Certo, chi è ottimista, facilmente sosterrà in questo periodo storico che il negativo è la reazione per arrivare al positivo. Che siamo in un’epoca tanto negativa che poi deve tornare il positivo di conseguenza. Potrebbe essere, perché il contrasto nasce dove sono necessari cambiamenti e si puó ricordare che dal Big Bang è nata la vita, ma non concluderei che il negativo ci suggerisca come risposta che a volte esso serve per ottenere il positivo.


Mi piace la scoperta di Brahmagupta sui numeri e sostengo che più che invenzione sia una vera scoperta. Si sa che i numeri negativi e positivi sono infiniti. Ma il numero zero è l’unico fisso e finito perché da lui tutto inizia e anche tutto finisce, perciò io sostengo quello che vedo ma anche quello che non vedo e che la soluzione sta sempre in mezzo, cioè si deve arrivare alla neutralità. Chiamiamola giustizia, pace, contemplazione, uguaglianza, tolleranza. “Essere e non essere”.
Vorrei sostenere che tutto è attraversato da un “fil rouge” di cui non conosciamo la misura, ma che tiene insieme tutto come un conduttore silenzioso e immaginario….che conduce. Possiamo dire che il filo elettrico positivo è rosso e quello negativo è nero? Quindi che anche i colori assumono una relazione importante sempre e ovunque? Che ci influenzano in negativo e in positivo? Da Franklin a Volta è grazie al negativo e positivo, il nero e il rosso di due fili, ”che luce fu”! E quelle orme delle mani, allora? Impresse negative in diversi colori, esse si mostrano a noi oggi e possiamo vederle concretamente se le elaboriamo in positivo con l’immaginazione, percependo così le loro diverse forme e dimensioni come fossero vere, nei minimi particolari. Ecco, per me quelle impronte di mani hanno acceso un interruttore, l’interruttore dell’espressione artistica, 13000 anni fa.

1 Comment

  • Liliana
    Posted 23 Settembre 2024 at 21:25

    Comparto totalmente tu reflexión, así pude sentirlo en el relevamiento de petroglifos en una región de San Juan, Argentina. Allí ya hacían arte .

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