Il dubbio amletico se considerare questo insieme come una entità amica con la quale porsi in armonia o nemica da controllare e dominare è antico quanto la storia del pensiero, ma per comprendere quale impor-tanza pratica abbia per l’uomo la conservazione delle condizioni naturali nell’ambiente, è opportuno ricordare che anche l’uomo è parte integrante dei sistemi ecologici: tutti i componenti della biosfera, noi compresi, stabiliscono tra loro strettissime interazioni giungendo a una ineludibile interdipendenza reciproca.
L’ecologia
L’umanità nella sua evoluzione è passata da uno stato di ti-more reverenziale a uno di presunzione dominante e solo negli ultimi anni si assiste a una rivisitazione etica che ha preso il nome di “ecologia”. L’allargamento delle conoscenze ci ha dato la consapevolezza che il concetto di Natura si declina in una incalcolabile moltitudine di forme e in una dimensione tale che travalica la comprensione umana arrivando a includere il concetto astratto di infinito. Se Epicuro con il suo Περὶ φύσεως- Sulla natura – (III secolo a.C.), Lucrezio con il De rerum natura (I secolo a.C.), Plinio il Vecchio con la Naturalis Historia (77-78 d.C.) ci forniscono un quadro esauriente del pensiero antico, sono dapprima Charles Darwin con L’origine della specie (1859), poi James Frazer con Il ramo d’oro (stesura definitiva nel 1915), infine Jacques Monod con Il caso e la necessità (1970) a evidenziare il quadro di pensiero moderno che ha certamente continuato a evolversi (vedi l’introduzione del concetto di “sinistra mietitrice” di Stephen Jay Gould a spiegare fenomeni di estinzione di massa che limiterebbero l’operato dell’evoluzione darwiniana) ma rimanendo inalterato nella sostanza.
L’uomo
Tutte le forme di vita influiscono sull’ambiente naturale che le accoglie, ma l’uomo ne ha aggiunte molte specifiche quali le attività di raccolta e caccia, pastorizia e allevamento, agricoltura
e industria, fino all’urbanizzazione e allo sfruttamento delle risorse prime, influendo assai più profondamente sugli ecosistemi. Già in epoca preistorica l’utilizzo del fuoco per deforestazioni o per stanare la selvaggina aveva prodotto le prime alterazioni, poi arrivarono l’allevamento e l’agricoltura, il pascolo controllato dal quale furono allontanati i predatori (equilibratori naturali) e gli erbivori non addomesticabili, per giungere ai mezzi distruttivi dell’età moderna dove le trasformazioni sono avvenute su scala ben più ampia e intere foreste di climax assai antico sono scomparse lasciando il posto a steppe e deserti o sfruttate troppo intensamente e male.
La consapevolezza
Molti errori sono stati commessi in maniera inconsapevole, ma non per questo meno grave, come l’indiscriminata introduzione di piante e animali in sistemi non propri: cani, gatti, maiali, manguste, per esempio, introdotti nelle isole oceaniche, hanno distrutto molte specie di uccelli terragnoli spesso incapaci di volare; capre e conigli hanno devastato la vegetazione di vaste regioni nell’emisfero australe e indirettamente causato la scomparsa di altre specie animali endemiche. Oggi non abbiamo più l’attenuante dell’ignoranza, con l’aggiunta del ridimensionamento antropico nell’ambito di un Universo oltre ogni dimensione percepibile che ci induce a pensare che la Natura, intesa nel suo insieme universale, sia del tutto inattaccabile e che il rispetto che dobbiamo al minuscolo ambiente nel quale viviamo e il riequilibrio della nostra interdipendenza sono fondamentali in primis per la nostra stessa esistenza: se la Natura universale può fare a meno dell’Uro, del Dodo o del Quagga (solo tre delle 270 specie animali scomparse appena negli ultimi due secoli), come ha fatto a meno 500 milioni di anni fa delle migliaia di specie della cosiddetta Fauna di Burgess (a questa misteriosa estinzione di massa del Cambriano sopravvisse un piccolo ”cordato” dall’aspetto insignificante di un minuscolo verme: se fosse stato coinvolto nell’estinzione l’uomo quasi certamente non sarebbe mai apparso sulla Terra), altrettanto resterà indifferente alla scomparsa della specie umana, e poco le importerà se questo avverrà solo quando il Sole, finito l’idrogeno, comincerà a espandersi fino a diventare una “Gigante rossa” più grande dell’intero sistema solare attuale e poi, finito anche l’elio, si contrarrà a diventare una “Nana bianca” più piccola del pianeta Terra (tranquilli, non prima di circa 5 miliardi di anni), o se faremo la fine dei dinosauri a causa di qualche meteorite vagante come vuole la fantascienza catastrofica, oppure se avverrà molto pri-ma per causa semplicemente nostra.
E l’arte infine?
Un simile rapporto/conflitto non poteva non coinvolgere la storia dell’arte: circa 30.000 anni fa Neanderthal e Sapiens coesistevano vivendo entrambi in caverne che, come testimoniano le famose grotte pirenaiche di Lascaux, a volte ci riportano quelle raffigurazioni di uomini e animali dal carattere animistico e voti-vo quanto potentemente estetico; nel suo trattato “De architectura” Vitruvio attorno al 15 a.C. ci racconta che ai romani piaceva essere circondati dalla natura e, oltre a mantenere diversi giardini privati, amavano far affrescare le pareti interne delle loro abitazioni, che raramente avevano aperture visuali verso l’esterno, con scene di paesaggi stilizzati che proiettavano su di loro un’atmosfera naturale; l’arte asiatica è sempre stata legata alla bellezza del mondo naturale e in Cina, fra il 600 e il 900 d.C. (dinastia Tang), il paesaggio divenne un soggetto pittorico molto diffuso per poi continuare nel tempo, fino a oggi, in virtù di tradizioni spirituali, convinzioni filosofiche o semplicemente per perdersi nella natura come mezzo per rifuggire i problemi della vita quotidiana.
Glii artisti rinascimentali acquistarono notevole interesse nelle opportunità stilistiche che i paesaggi offrivano ai loro esemplari studi di prospettiva, sia nelle paradigmatiche ambientazioni italiane che nella minuziosa analisi dei particolari fiamminghi; proprio nei Paesi Bassi si afferma nel XVII secolo quella corrente artistica definita “vedutismo” con i suoi paesaggi barocchi, molti dei quali marini a testimonianza della vocazione marinaresca di quelle popolazioni, fatti di minuziosissimi particolari e di contrasti di luce e ombra; grosso modo in quegli anni in Giappone iniziava la prepotente ascesa a capitale della città di Edo (oggi Tokio) dove all’accresciuta ricchezza e potenza
affiancava una fioritura artistica che produsse molte di quelle affascinanti xilografie che poco dopo sarebbero di-venute di moda in Europa, portate da viaggia-tori e mercanti, coi caratteristici paesaggi resi sapientemente con colori brillanti e privi di ombre; gli artisti romantici del XIX secolo, portati a sognare pae-saggi senza averli mai visti davvero, diedero sfogo alla propria immaginazione in raffigurazioni più emozionate ed emozionanti che realistiche; dipingendo prevalentemente “en plein-air” agli impressionisti non sfuggirono quelle variazioni di luce e ombra che avvenivano durante le giornate e che tanto bene rappresentavano metaforicamente i diversi stati dell’animo umano e le sue emozioni interiori.
Oggi
L’avvento della fotografia ha moltiplicato esponenzialmente le riproduzioni naturalistiche in un momento in cui germogliava la percezione di una necessità ecologica alla quale gli artisti cominciavano a essere sensibili e che porterà negli anni ’60 del secolo scorso alla nascita della Land art, con le sue installazioni nelle quali gli elementi naturali non sono semplici soggetti bensì parte integrante dell’opera d’arte e della trasmissione del messaggio che inevitabilmente contiene.
Nel contesto di Fotografia Europea 2024 anche gli artisti de L’Artificio pongono il loro mattone nell’intento di costruire una consapevolezza oggi più che mai necessaria, esplorando la rivelazione di quegli aspetti fascinosi che il mistero della Natura a volte nasconde, in un percorso volto al motto dostoevskiano che “la bellezza salverà il mondo”.
Dal 27/4/24 al 26/5/24 – Chiostri della Ghiara – Via Guasco, 6 RE
Dal 1/5/24 al 2/6/24 – CONAD Superstore Le Colline – Via Rosa Luxemburg, 1 RE
Dal 4/5/24 al 2/6/24 – INFUSION Coffee experience – Viale Piave, 41/A RE